
Antonio Fraddosio modella “Le Tute e l’Acciaio”.
Fraddosio scolpisce “Le Tute e l’acciaio” lungo un percorso monumentale definito antiretorico.
Perchè la mostra è una denuncia sociale contro l’acciaieria ILVA di Taranto attraverso opere site specific collocate nel chiostro giardino della Galleria D’Arte Moderna di Roma: dal 1 novembre al 5 maggio 2019, in Via Francesco Crispi 24.
Antonio Fraddosio racconta attraverso dieci grandi lamiere contorte il richiamo a quelle tute da lavoro che dovrebbero proteggere la salute e la vita degli operai al termine del turno di lavoro, prima di andare alle docce, e in una camera di compensazione.
Le sculture sono lamiere lacerate e contorte su loro stesse e di una bellezza plastica come riesce a fare solo la scultura.
Le lamiere, sporcate e incendiate, sono pannelli antropomorfi, dice l’artista; ho pensato ai calchi pompeiani, a lui è piaciuto il paragone. Ma con Fraddosio questa lamiera diventa anche elegante e delicata: lui l’ha trattata con cura e con energia.
E l’Artista ci rivela con la massima spontaneità anche la sua opera preferita.

Le lamiere sono inserite dentro teche speciali che sono cassoni di cor ten, dal sentore di reliquia monumentale o di crocifisso. In realtà rappresentano le logge degli edifici del rione Tamburi, chiuse come gabbie protettive dai veleni.
I dieci cassoni di cor ten rappresentano le logge del rione Tamburi, di colore rosso per le polveri velenose.
Nonostante questo, la bellezza delle opere compensa il messaggio che Antonio Fraddosio vuole lanciare, realizzando quello che è definito un monumento antiretorico a questi operai.
Quanto è importante l’elemento chimico in questa mostra?
E’ importantissimo perchè è parte dell’opera stessa e si può leggere attraverso il segno dei suoi simboli in basso a destra nei cassoni; la chimica è materia stessa delle opere.
La scelta dei materiali, proprio di certi metalli, è servita a Fraddosio per ottenere specifiche sfumature di colore: argentee, scure, brunite o rossastre, come quella dei cassoni, che sembrano fatti di ferro arrugginito. Claudio Crescentini ce lo spiega in questo breve video:
Poi, per guidare il visitatore nella conoscenza dei materiali è esposta una legenda dei simboli chimici utlizzati: tutta roba che, sospesa come polvere nell’aria, danneggia costantemente gli operai dell’acciaieria e gli abitanti del quartiere limitrofo, il rione Tamburi.
Claudio Crescentini, curatore con Gabriele Simongini, della mostra ci ha spiegato questa valenza artistica.

Questa mostra è davvero una denuncia sociale, fatta di arte e fatta attraverso l’arte. Ma perchè?
Perchè l’arte è una speranza e lo è sempre stata. Quanti artisti si sono prodigati socialmente con le loro opere e hanno imprestato il loro talento per denunciare, gridare e movimentare?
Una rivoluzione d’arte?
Sicuramente una bellissima mostra, anche perchè personalmente amo la scultura e le lamiere contorte mi evocano movimento, ribellione, voglia di reagire: ecco una reazione.

Chi sono le tute?
Le tute sono il simbolo degli operai che lavorano con grandissimo rischio nell’Ilva di Taranto. Erano presenti non solo tute simbolo, ma un operaio vero, che ha lavorato in quell’acciaieria e che rappresenta uno degli ispiratori della denuncia di Fraddosio: si chiama Giuse Alemanno.

Giuse Alemanno è un operaio dell’ Ilva e una persona colta e delicata nei modi, ma fortissimo nei pensieri.
Mi dice che l’Ilva è un grande contenitore umano prima di tutto, ne parla con affetto e delicatezza. Lui è affezionato ai colleghi che sono abbandonati, sottovalutati e subordinati. I lavoratori dell’Ilva non sono né eroi, né vittime; sono gente normale, ognuno con le sue prerogative. Giuse rifiuta il vittimismo o la santificazione: lui guarda la realtà, dura e ingiusta. E’ gente normale ma non lavora in un qualsiasi posto di lavoro: lì rischia la vita.
Giuse Alemanno dice che è necessaria una riconciliazione sociale, di tutta la società ionica . E la cultura ha un ruolo cardine perché è armonia di conoscenze.
Antonio Fraddosio spiega perché ha realizzato l’installazione.
Per non dimenticare anche gli spazi limitrofi all’acciaieria, i cosiddetti “Tamburi“, gli spazi di transizione tra dentro e fuori che servono a proteggere inutilmente un’aria malata, attraverso porte finestre.
In questo senso, il chiostro giardino della Galleria d’Arte Moderna di Roma gli è sembrato uno spazio di transizione aperto verso il cielo, dove poteva inserire le logge che custodiscono le tute lamiera. Ha interrotto la continuità con il cielo, mettendo sui cassoni delle travi in ferro, come dei nastri trasportatori, dei giganteschi carroponte.
I fari che ha montato su queste fanno così una luce fredda su una realtà che non invece non è rassegnata.
Il catalogo della mostra
Il catalogo è un aspetto importante di una mostra perchè ne chiude il cerchio di visita e ne preserva il ricordo.
Perciò voglio indicarvi in dettaglio il catalogo di questa mostra, edito da Uscher, che con questa pubblicazione inaugura la nuova collana chiamata “Le monografie“. E’ un catalogo ricco, perché raccoglie documenti di persone autorevoli in campi diversi, che hanno tutti rilievo per la mostra. Gli scritti sono di Michele Ainis giurista e costituzionalista, Giuse Alemanno già citato, operaio colto dell’Ilva, e il reportage fotografico Rosso Tamburi del barese Christian Mantuano.
Ad arricchire la mostra, durante il periodo espositivo tra novembre 2018 e febbraio 2019, si svolgeranno anche eventi culturali e performativi: danza, musica, letture di poesia, presentazione del catalogo e reading poetico a più voci.
La biografia di Antonio Fraddosio
Nasce a Barletta nel 1951 ma vive e lavora tra Roma e Tuscania. Le sue mostre più recenti sono state nel 2012 alle sale di Villa Bottini a Lucca e nello Spazio Cerere a Roma; nel 2016 “Salvarsi dal naufragio. Antonio Fraddosio/Claudio Marini” al Museo Carlo Bilotti – Aranciera di Villa Borghese di Roma. Nel 2011 al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, con la “Bandiera nera nella gabbia sospesa” esposta all’Arsenale. E’ un artista che si dichiara attivo in politica e nel sociale.
Per i possessori della nuova MIC Card – che al costo di soli 5 euro consente a residenti e studenti l’ingresso illimitato per 12 mesi nei Musei Civici – l’ingresso alla mostra è gratuito.
Antonio Fraddosio. Le tute e l’acciaio
Galleria d’Arte Moderna di Roma
Via Francesco Crispi, 24
1 novembre 2018 – 5 maggio 2019
Orari Da martedì a domenica ore 10.00 – 18.30
L’ingresso è consentito fino a mezz’ora prima dell’orario di chiusura.
Giorni di chiusura: lunedì, 1 maggio
Info Biglietto di ingresso alla Galleria d’Arte Moderna: € 7,50 intero e € 6,50 ridotto, per i non residenti; € 6,50 intero e di € 5,50 ridotto, per i residenti; gratuito per le categorie previste dalla tariffazione vigente.
060608 (tutti i giorni ore 9:00 – 19:00)
www.museiincomune.it; www.galleriaartemodernaroma.it
Promossa da Assessorato alla Crescita culturale di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
A cura di Claudio Crescentini e Gabriele Simongini
Perchè: l’arte è anche denuncia sociale.
Perchè: le sculture inserite nel chiostro della Galleria sono emozionanti.