
Ho il sospetto che Banksy possa essere Thierry Guetta, dopo aver visto il docufilm Exit through the gift shop.
Immersa del tutto nella domanda perchè Banksy sia la star, e se ancora lo sia, ho pensato di vedere questo docufilm, per alcuni un segno di riferimento dell’identità tra Banksy e Thierry Guetta.

E’ un video che snoda la vita artistica e familiare di questo eccentrico personaggio, di origine francese, che entra nel mondo della street art con un cappello da contadino e un paio favoriti ottocenteschi.
Guetta vive a Los Angeles con la sua famiglia, ha un aspetto semplice e stravagante, così come stravagante è il suo inizio da venditore di abiti vintage che miete successi nel il gotha del pop californiano.
Il tratto caratteristico di Guetta è l’ossessione per le riprese con la videocamera. Lui filma continuamente tutto, come conferma pazientemente la moglie. Riprende la vita quotidiana della sua famiglia, la sua vita anche negli aspetti semplici e apparentemente privi di interesse.
Questo voler registrare tutto non lo abbandonerà mai e sarà anche il motivo per cui arriverà alla street art.
A Guetta interessa infatti, sostanzialmente, l’immediatezza del presente, così come accadde ai primi artisti di strada; quei primi artisti che abbozzarono l’evoluzione della grande street art contemporanea fatta di un mix tra opera e performance.
Il cugino di Guetta, uno dei primi street artisti, è il primo protagonista delle sue riprese. Un artista che crea placche colorate, tipo mosaico, con segni geometrici, che le va posizionando in giro, e a sorpresa.
Guetta ne è affascinato e, rischiando insieme a lui durante le incursioni da street artista, lo riprende mentre va mettendo queste targhe in giro.
L’elemento del rischio, infatti, è parte integrante della vita di uno street artista: perch[ deve agire a sorpresa e deve essere imprevedibile. Uno street artista non è legittimato da niente altro, se non dal proprio istinto. Ma è anche questa libertà assoluta che rende pericolosa e rischiosa la street art.
Però Thierry Guetta si appassiona sempre di più a questo genere folle di arte, e successivamente sposta l’obiettivo su un altro street artista, ancora più folle, più temerario.
E così alla fine Guetta arriverà a Banksy, che anche in questo documentario non si vedrà mai in volto, coperto in controluce dal cappuccio una grande felpa. Invece autorizzerà soltanto la ripresa delle mani.
In Exit through the gift shop, Banksy parlerà con il volto immerso nel buio (sembra quasi l’intervista a Tommaso Buscetta alla Rai) tuttavia la struttura delle sue spalle e le sue mani si vedono chiaramente.
E a me sembra che coincidano con quelle di Thierry Guetta.
Questo binomio Banksy-Guetta, di uno che impazza con la street art e dell’altro che lo segue ovunque, anche nei luoghi più assurdi, persino sui tetti, sarà proprio il clou del docufilm. Sarà lo snodo che farà diventare Banksy nuovo ed esclusivo protagonista dell’obiettivo di Guetta.
Ma c’è qualcosa di più.
Con Banksy si arriva ad una consacrazione della street art e si capisce che la dedizione a questo tipo di arte assume caratteri quasi religiosi. I rischi che Guetta corre seguendo Banksy, diventano infatti sempre più alti e assurdi. Arriverà ad essere fermato dalla polizia in un parco giochi, per poi essere rilasciato, dopo ben quattro ore di pressante interrogatorio.
E man mano che il docufilm prosegue, mi convinco sempre di più che Thierry Guetta sia proprio Banksy.
E in più, penso che Banksy sia un team, un’intera squadra che ruoti intorno al suo mito.

Questa identificazione tra Banksy e Guetta è un’idea che ho maturato pian piano, per via di certi paradossi e certe incongruenze che ho notato nelle riprese del documentario. Mi è sembrato che ci fossero delle piccole incongruenze di tempo e luogo; a parte il fatto che la struttura delle spalle e le mani di Bansky, sembrano proprio quelle di Guetta.
Per me Banksy è un artista solitario, ma solo all’origine; ora invece è un team, con un’osmosi di competenze professionali che lavorano insieme, entrando e uscendo continuamente dalla stessa squadra. Insomma, forse Banksy è diventato un centro di produzione di arte dai contorni elastici.
Infine, la conclusione del docufilm Exit through the gift shop, quando si celebra l’ascesa e il trionfo di Theirry Guetta, il quale decide di investire tutto quello che ha in un progetto grandioso, unendo street e pop art, ho visto l’evoluzione del personaggio Banksy.
Ho confrontato il punto a cui era arrivata la poetica di Banksy e l’apoteosi di Guetta come artista, e proprio lì mi sono definitivamente convinta che i due si possano identificare. Voglio dire che questa identificazione è un fenomeno che si è formato nel tempo.
Nel film sembra quasi che Guetta, dopo anni di riprese, abbia scavalcato Bansky, inventando un nuovo concept di arte, integrando pop art e street art.
Guetta diventa, alla fine, un vero leader, quasi dispotico e autoritario; dà disposizioni a destra e a manca. Fai questo, no anzi, fai quest’altro perchè io voglio così. Adesso sono io che comando!
Forse è anche una costruzione da abile regista. Del resto, l’intelligenza e l’astuzia di Thierry Guetta sono indiscusse.
Il debutto artistico di Mr Brainswash (pseudonimo di Guetta) a Los Angeles è organizzato con concitazione e affanno, e con l’aggravio di un incidente alla gamba.
Ma Mr. Brainwash (Signor Lavaggio di cervello) rischia e spacca lo stesso!
Riflettiamo: non c’era stato, tempo prima, l’evento performance di Banksy con il famoso elefante dipinto, a cui aveva partecipato tutta la Los Angeles vip? E se fosse stata una prova generale, preparatoria, del debutto stratosferico di Guetta?
Fatto sta che le opere di Mr. Brainwash mi piacciono tantissimo.
Saranno anche seriali e declinate in colori differenti. E’ certo che il tributo a Andy Warhol sia enorme. I colori diventano il nuovo segno per Mr. Brainwash , ma il contenuto è un’evoluzione di Warhol. Guetta prende spunto da note opere pop, però le deforma, le cambia e ci integra elementi della street art, e così viene fuori la sua cifra stilistica. Ovviamente di successo.
Bellissimo nel documentario, le scene in cui un collaboratore di Mr. Brainwash mostra un catalogo di opere pop, zeppo di post-it, messe per segnare le ispirazioni compulsive.
Mi piacerebbe tanto fare arte così. Lo sentirei un modo mio: eclettico. Tagliare immagini, inserire colori e stravolgere il messaggio originario.
Non mi tolgo dalla mente che Banksy sia Thierry Guetta e tutto il team che ci lavora insieme. O meglio, che adesso Banksy sia identificabile in questo team, ma cosa sia stato e chi sia stato all’origine, ancora non si sa e non si saprà mai.
La street art ha qualcosa di straordinariamente liquido: i tempi, gli spazi, i modi e le tecniche. La street art non è un movimento e non si lascia categorizzare: evolve e cambia, senza regole nè preannunci.
Ci sono domande che mi pongo spesso.
Gli street artisti comunicano tra di loro? Sono amici, nemici, concorrenti? Lavorano sempre da soli o in gruppo, e se lavorano in gruppo, chi entra e chi esce dal team, e a quale velocità.
Se dico che Theirry Guetta potrebbe essere Banksy, non è impossibile ma non è dimostrabile.
Ed e’ proprio questa inafferrabilità, la magia della street art.
