
Il Ritorno di Mary Poppins è un sequel o un remake?
Domanda superflua, poiché la risposta ce la dà la stessa scrittrice che ha inventato Mary Poppins.
Pamela Lyndon Travers ha scritto sei volumi sulla saga di Mary Poppins; e quello pubblicato nel 1935, è “Mary Poppins returns”: Il Ritorno di Mary Poppins.
E’ il secondo della serie, pubblicata a partire dal 1934 (Mary Poppins, Mary Poppins Comes Back, Mary Poppins Opens the Door, Mary Poppins in the Park, Mary Poppins in Cherry Tree Lane / Mary Poppins and the House Next Door).

“Il Ritorno di Mary Poppins” al cinema, nelle sale dal 20 dicembre, protagonista Emily Blunt, è parte dell’intera saga: perciò è solo un sequel?
In realtà la questione è più complessa, perchè il primo film, “Mary Poppins”, è stato realizzato nel 1964 (ambientato dopo il 1906 a Londra) mentre “Il ritorno di Mary Poppins” è realizzato nel 2018 (ambientato nella Londra anni ’20) a distanza di oltre cinquant’anni.
Per me può essere considerato sia sequel che, inevitabilmente, remake.

Un sequel lo è, naturalmente, secondo la creazione dell’autrice; ma è anche un remake, perchè è stato realizzato con la sensibilità di oggi, che inevitabilmente viene fuori.
Se tecnicamente si conferma la perfezione del cinema americano, del musical e del cartoon, la contemporaneità si trova nel modo in cui i temi del film vengono sviluppati.
Per me il regista Bob Marshall non ha stravolto nulla e non ha traumatizzato chi aveva visto il primo film Mary Poppins.
C’è, ovviamente, chi lo considera un mero remake, pur riconoscendogli la qualità dell’adattamento; o chi addirittura lo ritiene un rifacimento quasi letterale con un cast non perfettamente azzeccato e lo percepisce deludente. Altri lo hanno qualificato imperfetto, autocitazionista e nostalgico.
Il successo commerciale è stato forte, ma non ha strabiliato la produzione Disney.
“Il Ritorno di Mary Poppins” e’, come il primo film, un sentimental musical, una forma che si addice bene a questa opera letteraria, nonostante l’autrice Pamela L.Travers ne fosse molto gelosa e non avesse approvato la realizzazione Disney. L’ambiente è quello di una Londra in piena e grave crisi economica (la grande depressione), dove tutti sono terrorizzati e fanno a sbracare il lunario. L’aria è pesante e mesta: l’arrivo di Mary Poppins è raccontato in forma magica, ma la magia avrà un colore diverso.
Al “supercalifragilistichespiralidoso” di Julie Andrews si affianca ora la “stupendosa idea” di Emily Blunte: una differenza letterale e interpretativa.
Mary Poppins ritorna per essere un po’ meno protagonista di se stessa, meno centrale, e più strumento di aggregazione. Sarà come un anello di congiunzione e una calamita che attrarrà tutti.
Questo film mi sembra infatti un lavoro più corale del primo, corale nel senso intimo e ideale. I tre bambini, il papà sconsolato e nostalgico per la scomparsa moglie, la vecchia domestica affettuosa e un po’ arruffona, la zia impegnata nel sociale, sono personaggi che vincono insieme, compatti contro l’altro fronte. Quello di un banchiere cattivo, famelico e ingannatore.
La fame cattiva di denaro ne esce gravemente compromessa in questo film: il banchiere crudele è impersonato da un Colin Firth perfettamente nella parte, antipatico, odioso e alla fine quasi grottesco.
Ognuno ha il suo ruolo, il suo senso e rappresenta un certo status: Mary Poppins non è solo la tata dal pugno di ferro, rivestito di velluto, che fa rigare diritti i bambini, è qualcosa di diverso, è magia e filosofia mista a saggezza. E’ un modello discreto ma forte di unione. E’ la gentilezza e l’ottimismo intelligente che guarisce le ferite più profonde e vince sull’ingiustizia e il raggiro.
Altra figura importante che ho apprezzato particolarmente è quella del lumaio Jake (Lin Manuel Miranda) perfetto esempio di gioiosa vitalità, interpretato da un attore americano di origine portoricana, che come personaggio è trascinante, e affianca alla grande la figura di Mary Poppins.
Sarà lui il maestro di luce (il lumaio) sempre col sorriso aperto e luminoso.
La luce è uno dei simboli essenziali del film. Sarà la soluzione e l’approdo finale dopo il tunnel dello smarrimento e del disorientamento.
Che bello il numero dei bikers lumai, perfetto esempio di adattamento e di revisione con una colonna sonora inedita.

In questo film non ci sono più gli spazzacamini che puliscono la fuliggine nera, ma i lumai che accendono le luci nelle strade: non si pulisce lo sporco, ma si accende la luce.
E in questo film i simboli sono molti. C’è il tema della perdita: sia quella finanziaria della famiglia, ma soprattutto quella irreparabile affettiva della madre, che rende un padre triste e inconsolabile; mentre i bambini, più capaci di reagire, a modo loro, ne sentono la nostalgia profonda quando si addormentano. La madre è il simbolo del riferimento assoluto di tutto.
Di qui il tema dello smarrimento e lo smarrimento della strada per tornare a casa: il buio, la notte, la nebbia londinese; l’unico rimedio è quello di seguire la luce, che sta in fondo al tunnel di tutte le vicende della vita.
C’è la rottura delle cose care, rappresentata con un vaso di porcellana, che si rompe e non importa quale valore venale abbia. E’ una cosa cara; ma c’è la possibilità del rimedio, c’è la fiducia, quella da insegnare ai bambini, che le cose possano aggiustarsi; che quello che si rompe non è mai definitivo. La fiducia! La speranza.
La fantasia sarà l’elemento per poter aggiustare le cose. Entrando in un mondo distopico, onirico e capovolto (solo in un giorno fatidico della settimana) troveremo una Meryl Streep trasformata in strega- maga, grottesca e bizzarra. Un momento che ricorda moltissimo Alice nel Paese delle Meraviglie, già evocata all’inizio quando i bambini venivano inghiottiti dalla vasca e precipitavano negli abissi.
Il simbolo di un mondo temporaneamente capovolto, che è possibile correggere, è uno dei simboli più importanti, forse di denuncia di quello attuale, in cui i valori e ila giustizia sono capovolti: ma il rimedio ci sarà, semplice e quasi scontato; come avviene per la maggior parte dei problemi.
“Tutto è possibile” “persino l’impossibile” è quello che dice Mary Poppins nel suo ritorno; lei come misteriosamente si è calata dall’alto e altrettanto misteriosamente se ne ritornerà su con il suo ombrellino magico dal pomo parlante ( vi ricordate il grillo parlante, simbolo della coscienza?).
Alla fine leviteranno tutti (tranne uno) come Mary Poppins , ma appesi a un palloncino, simbolo di leggerezza e di chiarore, e di trasparenza soprattutto morale. Sarà un cameo bellissimo con l’attrice Angela Landsbury.
“Il ritorno di Mary Poppins” e’ un film fantastico, onirico (con qualche incubo); l’evasione fantastica dalla realtà è lo strumento di superamento delle tragedie della vita attraverso una nuova visione della realtà.
Il cambiamento del punto di vista è il segreto per superare ogni difficoltà.
Non è forse quello che la scienza ci sta suggerendo continuamente?
“C’era bisogno di questo ritorno” ha detto Emily Blunt (Mary Poppins)!
Pare sia già in preparazione un altro…sequel!
