
Il book in progress 2 continua con il terzo capitolo: è il caso della “Disincarnata“.
Sembra il titolo di un film horror, invece è un caso clinico davvero unico. Ma partiamo dalla citazione di Wittgenstein che scrive dove si trovino nascoste le cose semplici; poi, proseguiamo con Sherrington che ci parla di “sesto senso” e di propriocezione.
Che cosa significava per il filosofo Wittgenstein la certezza del corpo? Il suo ultimo libro “Della certezza” è incentrato sul dubbio, e anche su quello del corpo, cioè il dubbio di sè; anzi, un dubbio totale, e quindi un vero incubo!
Christina è la protagonista di questo capitolo: una donna giovane, sana e sportiva con molti interessi.
Una vita attiva interrotta da un ricovero e da un sogno premonitore che diventa realtà: “è successo qualcosa di spaventoso!”.
Lei è sconvolta e rappresenta un caso così sconvolgente che gli specialisti iniziano a porsi domande su domande: “non ho mai visto nè letto niente di simile prima!“.
Christina aveva perso la propriocezione e peggiorava; faceva domande precise per capire quello che le stava cambiando: dei tre sensi, ne aveva perso uno!
Oliver Sacks descrive con grande compassione la forza d’animo di questa donna e i suoi sentimenti iniziali di orrore e di disperazione.
Il coraggio di un paziente e la ricerca di meccanismi compensativi sono sempre l’incanto dei medici che si occupano di cervello. Una macchina misteriosa e semisconosciuta, capace di elaborare meccanismi di sopravvivenza oltre qualunque fantasia o ipotesi scientifica.
E’ quasi fantascienza questo capitolo!
Christina infatti compensava con l’artificio la mancanza di naturalità, fino all’estremo, come scoprirete leggendo.
Sacks scrive che la vita della sua paziente era diventata possibile, ma non normale: il trucco dell’artificio non cancellava infatti, uno status che per i medici era impossibile da spiegare.
Figuriamoci nella vita normale: “Ehi, signora, ma che fa? è cieca? ubriaca?“. E invece Christina era un’invalida incomprensibile, magari scambiata per commediante o un’idiota, ma era un’invalida.
Insomma, condannata a un mondo artificiale; svuotata come una rana o un fantasma che aveva perso il punto d’appoggio dell’identità: l’Io freudiano.
Oliver Sacks ci descrive puntualmente le sensazioni che provava Christina mentre si avvicinava a questo processo di disincarnazione, in parte corretto e in parte diminuito da quei processi di autoadattamento che lei stessa, con volontà titanica e disperazione, metteva quotidianamente in atto.
Per Oliver Sacks, la sua paziente restava in una situazione “wittgensteiniana”.
Alla fine il caso clinico troverà una sua conclusione doppia e opposta. Christina è una paziente eroica, come tutti quelli che soffrono di patologie neurologiche.
C’è infine, un interessante post scriptum: perchè altri casi si affiancheranno a quello di Christina, e la domanda finale è, potranno sperare in un miglioramento?
Appassionante, no? Leggetelo, intanto vi do appuntamento al capitolo seguente!