LA POESIA di Gabriele GALLONI: “IN CHE LUCE CADRANNO”

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gabriele galloni

Se per me la poesia è il nuovo rock, Gabriele Galloni è “il mio poeta”.

E’ giovane, giovanissimo, ha 23 anni, è contemporaneo e scrive di ora, di adesso, di domani e di sempre: perchè è un poeta.

In che luce cadranno” è la seconda raccolta che ho letto dopo i suoi “Slittamenti“, e mi sono emozionata ancora di più.

Sono scettica prima di leggere, e per la poesia lo sono ancora di più. Qui, poi, si trattava di confermare un talento, cosa ancora più ostica.

Già, perchè il talento va confermato, non puoi fare l’exploit e poi deludere; devi far capire che quello che fai lo sai fare e lo saprai fare anche domani perchè ti appartiene.

Volevo che Gabriele non mi deludesse e non l’ha fatto, perchè “In che luce cadranno” mi ha strabiliato”.

E’ una raccolta costruita come un mosaico di brevi strofe, ciascuna con un incipit quasi sempre uguale, che ritma la lettura come un mantra, così che piano piano ti ritrovi a leggere le poesie a voce alta senza accorgertene, e le reciti con la cadenza che il poeta ti suggerisce, come fosse un direttore d’orchestra.

Ecco, la poesia è musica!

Ma che tipo di musica è quella di Gabriele Galloni?

Mi piace descriverla come un rock elegante che punge attraverso un tessuto pregiato.

In che luce cadranno, chi? Chi sono loro che cadono?

Non sono stelle, ma cadono dentro una luce che schiarisce il nero della morte.

I morti, sono loro le stelle che cadono: predicono, sono in colloquio fitto, in dialogo amoroso, sono in cerca, a spasso, sgozzano, seppelliscono e hanno le nostre stesse funzioni fisiologiche, ma faticano a rispondere; ricordano e recitano i classici, magari li stravolgono; scendono e ritornano, dimenticano e si pongono le stesse domande dei vivi, poi si danno e si filmano a vicenda.

Sono entità a un passo tra noi e l’eternità, il ponte comune dei nostri cuori, la dimensione inafferrabile che tutta la vita proviamo a raggiungere.

In questi versi c’è cuore, testa, tecnica, estro e stravaganza: per me questo è il poeta Gabriele Galloni.

Lui modella disinvolto gli elementi che ha scelto: i nasi, un’ultima didascalia, i falò e la resina, le pinete a mare e poi le stelle; i resti sparsi e il riposo; i nomi da scomporre e una navata in fondo alla chiesa, la febbre e la luna, che è un errore, è uno sgarbo del creato (forse sublima Leopardi); ci sono anche le maschere mortuarie, gli alberi e lo zenzero.

I morti hanno anche dei soprannomi e un loro lessico.

Ma l’ultima strofa… è un sublime tocco finale: il colpo da maestro e di teatro.

Volevo scriverla tutta intera, ma non posso fare un sgarbo al Poeta!

in che luce cadranno

 

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Ciao, sono Emanuela, donna, moglie, madre e blogger con studi classici e formazione giuridica, eclettica per natura e per destino, “nerd” quanto basta.

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