
Per onorare il 27 GENNAIO, la Giornata della Memoria (delle vittime dell’Olocausto), ho scelto HEIMAT di Nora Krug.
E’ una prospettiva coraggiosa, e tedesca, di colpa e di autocoscienza. Non è solo un libro, ma è una graphic novel di gran pregio grafico e di notevole contenuto documentaristico.
Il titolo Heimat è un termine intraducibile in senso letterale, che però spiega le ragioni intime di Nora Krug, che riflette sul suo essere tedesca e fa i conti con la propria identità e con la storia della propria famiglia.
Quale può essere l’identità di una tedesca che vive e lavora (apprezzatissima) a New York, e ha sposato un ebreo?
Nora Krug deve fare i conti con il passato.
Heimat è oggettivamente un bellissimo libro, un collage colorato a pastelli e con un lettering elegante, tipico dei libri per bambini. Ma i toni evanescenti e teneri dei pastelli colorati e i collage stile “journaling“, si sostanziano, invece, in un racconto familiare e personale molto doloroso.
Non è stato facile -dice Nora Krug- raccogliere questo materiale ( fotografie, documenti, bilgietti, disegni, quaderni, testimonianze…).
“Ma è stato un processo importante vedere le cose in faccia”.
Heimat è stato un difficile processo di scrittura e ancora di più lo è stato trovare un equilibrio tra sincerità e coraggio di parlare alla propria gente.
E’ stato un percorso lungo; ci sono voluti 6 anni per scriverlo: 2 anni di ricerca, 2 di scrittura e 2 di disegno. E’ un libro di estrema attualità, soprattutto se si pensa ai casi di contemporaneo rigurgito antisemita, i quali dimostrano come la Memoria storica sia di brevissima durata.
Nora ha detto in videoconferenza (qualche giorno fa alla Casa della Memoria e della Storia di Roma) che Heimat è stato accolto con grande favore, in un reading in Germania, nelle fasce dei 20/30 enni e, ben accolto anche nel suo liceo. Però, i giovanissimi non si sentono più colpevoli pur avvertendo il senso di responsabilità.
Ma Heimat è davvero un termine intraducibile?
Matteo Stefanori ( storico e Dottore di ricerca all’Università “La Sapienza”) lo ritiene intraducibile nel senso che rappresenta un concetto aperto con ampi riferimenti culturali.
La traduzione di patria non è sufficiente, perchè Heimat è qualcosa di più: è la coscienza di appartenere a un popolo ed è un termine apprezzabile solo se vuol dire superamento dei confini.
“La storia nel sangue e la vergogna nei geni”
Così scrive Nora Krug, ossessionata dall’imbarazzo e dal senso di colpa (collettivo) di una nazione. Lei, che da ragazza si cuce addosso la stella gialla per solidarietà al popolo ebraico; lei, che in gita scolastica, documenta tutto con la macchina fotografica di fronte a un campo di concentramento; lei che si sforza continuamente di capire.
In Heimat, Nora disegna forme di ragionamento; le colora e le assembla in un collage.
Affronta una memoria pesantissima quasi prendendola di petto.
Come quando nel compito in classe della terza liceo, seziona microscopicamente un discorso di propaganda nazista di Hitler: scrive note, glosse, frecce, rimandi e commenti, quasi compulsivamente.
C’è “un che di intimo e di agghiacciante” in questa graphic novel.
La lingua tedesca, che un tempo era poetica, ora diventa pericolosa: qualcuno l’ha rassicurata; qualcuno le ha sputato addosso a Brooklyn, mentre parlava in tedesco.
“Essere tedesca è la nostra condanna a vita”.
Il disagio non vuole saperne di sparire: Nora sente su di sè l’angoscia esistenziale di una nazione, anche se vive in America ed è sposa di un ebreo.
Se la sua zia Karin le diceva “basta dire che sei olandese” a Nora non basta e, soprattutto, non vuole.
Heimat è il suo dolore e la sua consolazione; perchè il senso di appartenenza alla Germania è commisto di dolore e di imbarazzo. La ricerca dell’identità è la sua ricerca tra le cose, nei cassetti, tra le fotografie e i racconti dove ne vede gli angoli più oscuri.
Credo che Heimat sia una graphic novel di natura fortemente storica, perchè racconta la scoperta delle fortissime contraddizioni di un popolo ed è un bellissimo omaggio alla Memoria. E’ il racconto dello spaesamento di un popolo che riflette sulle proprie responsabilità.
Nora è lucida quando le racconta, perchè possiede quella forte dimensione etica tedesco-luterana, ma alla fine non riesce a trovare risposte.
Ma forse una risposta l’ha trovata e io l’ho intravista nella pagina delle “Cose tedesche” n°1 Hansaplast, quando scrive (e interpreto metaforicamente):
“E’ il cerotto più adesivo del pianeta e quando lo strappi per guardare la cicatrice, senti male”.

Perchè: è un libro di ottimo valore grafico e di notevole memoria storica.
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