
Ho sempre pensato che mangiare fosse un modo eccellente per conoscere i luoghi, i tempi e la gente.
Il cibo racconta le sue zone e chi lo vive, chi lo produce e lo elabora.
Le ricette si tramandano, si aggiornano e si stravolgono; ne nascono di nuove, qualcuna va perduta e qualche altra ritrovata.
E ci sono taccuini segreti che custodiscono ricette di famiglia che figlie, nuore e nipoti si contendono sul piano affettivo; c’è l’orgoglio di chi sa cucinare, e l’imbarazzo di chi proprio non ci riesce. Gli uomini si prendono per la gola e gli amici si coccolano con una bella tavola imbandita, elegante o rustica. Insomma il cibo è il pilastro della cultura di una nazione, e persino di una famiglia.
Oggi, appena ho visto l’antipasto di pomodori secchi e capperi sottolio, un mix meraviglioso dai colori forti del sud Italia, un rosso scarlatto per i pomodori e un verde oliva brillante per i capperi, ho pensato alla Sicilia e a Palermo, che quest’anno è la capitale italiana della cultura.
Palermo è un crocevia di culture dai “sapori” bizantini, andalusi, greci e persino albanesi.
La coincidenza ha voluto che il salumaio fosse di origine siciliana, e lo stesso, una mamma dietro di me che aspettava il suo turno. Chiacchierare dell’orgoglio di essere siciliani e del mio, di essere italiana, ha significato riflettere sul significato culturale del cibo.
Spesso ho cercato i sapori dei luoghi di vacanza, per capire cosa gustasse la gente del posto.
E ho pensato: come utilizzare i pomodori secchi e capperi? Ho scoperto una miriade di modi per valorizzare questo semplice antipasto: dal battuto, all’insalata, dal cous cous al pesce. E’ un mix di sapori che serve soprattutto per arricchire i cibi. Il dolce del pomodoro si stempera nel salato del cappero: che equilibrio magico ho pensato!