
Claudio Lolli è stato un’icona degli anni della contestazione giovanile, gli anni tra la fine dei 60 e tutti i 70.
Era Bolognese nato il 28 marzo 1950 e ci ha lasciato il 17 agosto del 2018.
Non sapevo molto di lui perchè, per questione di generazione, ero troppo giovane per capire e vivere la contestazione giovanile; più che altro, la osservavo da lontano come un fenomeno “un po’ pericoloso”: insomma, era cosa dei più grandi.
Però erano quelli gli anni, i primi Settanta, in cui nell’Italia giovane che contestava, esplodevano i cantautori.
Scrivendo e interpretando le loro canzoni, sapevano esprimere e tradurre in musica le inquietudini della gioventù e i fermenti sociali. In quegli anni si profilavano nuovi modelli di vita, ma anche nuovi disagi. C’era una tale voglia di cultura e di cambiare il mondo che ne erano fermamente convinti e fiduciosi. I ragazzi trovavano i loro portavoce nelle musiche e nei testi dei cantautori come Francesco Guccini, Fabrizio De Andrè, Eugenio Finardi, Pierangelo Bertoli, che cantavano proprio i loro sogni e le loro speranze.
Claudio Lolli era uno di loro, forte e appassionato. L’ho scoperto grazie ad un amico che a Bologna mi parlò di lui e iniziò a canticchiare “Vecchia piccola borghesia”… “per piccina che tu sia non so dirti se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia“…in quelle parole ci ho letto tutta la poetica e la contestazione profonda contro un’ Italia piccola e provinciale che si volevano superare a tutti i costi.
Se ascoltate “Vecchia piccola borghesia” vi accorgerete che è cantata quasi sommessamente e che ha una dolcezza in netto contrasto con il significato duro delle parole.
La storia ti dà sempre l’illusione di poterla cambiare, ma in realtà è lei a fare le tare con il passato, a scegliere cosa inglobare del futuro e a mixare tutto, per restituirti un presente che sfugge sempre.
Claudio Lolli, che poi è diventato professore di liceo e non ha scritto solo canzoni, è rimasto nell’immaginario dei Sessantottardi con una sua purezza intellettuale, forse perchè tra tutti è stato il più integrale e fedele ai propri ideali, anche quando molti si sono poi “imborghesiti“.
Ci sono due libri che voglio indicarvi, uno di Mario Bonanno, che scrive articoli e saggi sulla canzone d’autore e si intitola È vero che il giorno sapeva di sporco.
Riascoltando Disoccupate le strade dai sogni di Claudio Lolli

con le fotografie di Enzo E. Toccaceli; il secondo è una raccolta dello stesso Claudio Lolli di tutti i testi delle sue canzoni, raccolti con l’aiuto del sassofonista Danilo Tomasetta.
Per “Il Grande Freddo” del 2017, Claudio Lolli è stato premiato con la Targa Tenco, come miglior album di cantautore dell’anno; a chiusura di una lunga carriera, iniziata con “Aspettando Godot” del 1972.
